Un brano tratto da On Writing, di Stephen King
E quando [nonno] Fazza andò in pensione, fu zio Oren a ereditare la cassetta degli attrezzi del vecchio. […] La cassetta era di quelle che potremmo definire maxi. Aveva tre livelli, i due superiori asportabili, e tutti e tre contenevano dei cassettini, carini come scatole cinesi. Era fatta a mano, naturalmente. Assicelle di legno scuro erano tenute insieme da chiodi minuscoli e fascette d’ottone. Il coperchio era munito di grosse serrature; ai miei occhi di bambino sembravano le serrature della gavetta di un gigante. La parte superiore, all’interno, era foderata di seta, abbastanza strano dato il contesto e ancor più sorprendente per via del disegno, rose centifoglie, di un color rosa intenso che si andava sfumando nella patina di grasso e sporcizia. Sui lati c’erano due grandi manici. Credetemi, non avete mai visto una cassetta per gli attrezzi come questa in vendita nei vari fai-da-te. […]
Un giorno d’estate aiutai zio Oren a sostituire una zanzariera che si era rotta. Potevo avere otto o nove anni. Ricordo di averlo seguito tenendo la zanzariera nuova in bilico sulla testa, come un portatore indigeno in un film di Tarzan. Lui reggeva la cassetta per i manici, tenendola sollevata all’altezza della coscia. Indossava come sempre calzoni color cachi e una maglietta bianca pulita. Il sudore luccicava nei capelli a spazzola ingrigiti, dal labbro inferiore gli pendeva una Camel. […]
Raggiungemmo finalmente la finestra con la zanzariera rotta e zio Oren posò la cassetta con un sonoro sospiro di sollievo. Quando Dave e io cercavamo di alzarla dal suo posto nel box, prendendola ciascuno per un manico, riuscivamo a sollevarla a stento. Chiaro che allora eravamo solo bambini, ma credo che la cassetta degli attrezzi di Fazza, quando era piena, dovesse pesare tra i trentacinque e i cinquanta chili.
Zio Oren me la lasciò aprire. Gli attrezzi comuni erano tutti nel primo vassoio. C’erano martello, sega, pinze, due chiavi fisse e una regolabile; c’era una livella con quella sua mistica finestrella gialla al centro, un trapano (gli accessori erano ordinatamente conservati in un cassettino sottostante) e due cacciavite. Zio Oren mi chiese un cacciavite.
«Quale?» chiesi.
«Uno o l’altro», rispose.
La zanzariera rotta era fissata con viti a testa cava e non aveva importanza quale
cacciavite usare, con quegli aggeggi si infila la testa del cacciavite nel foro e prende comunque.
Zio Oren tolse le viti (erano otto e le consegnò a me perché le conservassi), quindi rimosse la zanzariera. La posò contro il muro della casa e sollevò quella nuova. I fori del telaio combaciavano perfettamente con i fori nell’infisso. Zio Oren commentò il fatto con un grugnito di approvazione. Si fece restituire da me le viti, a una a una, le inserì puntandole con qualche giro con le dita, poi le strinse così come le aveva allentate, infilando il cacciavite nelle teste e ruotando.
Fissata la nuova zanzariera, zio Oren mi consegnò il cacciavite e mi disse di rimetterlo nella cassetta e «chiuderla». Ubbidii, ma ero perplesso. Gli domandai perché si fosse portato dietro tutta quanta la cassetta di Fazza quando aveva bisogno solo di un cacciavite. Molto più semplice portarsi un cacciavite nella tasca posteriore dei calzoni.
«Già, però, Steve», disse lui, chinandosi ad afferrare i manici, «io non sapevo che cos’altro avrei trovato una volta arrivato qui, giusto? È meglio avere a portata di mano tutti gli attrezzi. Altrimenti, metti caso che ti imbatti in qualcosa che non ti aspettavi, magari ti scoraggi.»
Quello che voglio dire è che per scrivere al meglio delle proprie capacità, è opportuno costruire la propria cassetta degli attrezzi e poi sviluppare i muscoli necessari a portarla con sé. Allora, invece di farsi scoraggiare davanti a un lavoro che si preannuncia complicato, può darsi che abbiate a disposizione l’utensile adatto con il quale mettervi immediatamente all’opera.