Motivazioni

Per trop­po tem­po, l’in­for­ma­ti­ca  è sta­ta con­si­de­ra­ta una mate­ria “tec­ni­ca”, un’attività da “sma­net­to­ni”, da maghi del­la tec­no­lo­gia. Il suo inse­gna­men­to nel­le scuo­le si è appiat­ti­to su cer­ti­fi­ca­zio­ni vuo­te e inu­ti­li come l’ECDL. Questo non è solo un pro­ble­ma ita­lia­no; in mol­ti pro­gram­mi sco­la­sti­ci euro­pei l’in­for­ma­ti­ca vie­ne eti­chet­ta­ta come “com­pu­ter fluency”.

Questo modo di vede­re è un gra­ve erro­re: l’informatica è soprat­tut­to una scien­za. Per chi uti­liz­za un com­pu­ter, l’informatica è vista come uno stru­men­to per risol­ve­re i pro­pri pro­ble­mi (mate­ma­ti­ci, scien­ti­fi­ci, finan­zia­ri, etc.). Per gli infor­ma­ti­ci, essa è inve­ce la scien­za che stu­dia i meto­di gene­ra­le per risol­ve­re pro­ble­mi (quan­to­me­no, quel­li che sono effet­ti­va­men­te riso­lu­bi­li). Come tale, si occu­pa dei pro­ble­mi in tut­ti i loro aspet­ti: come ven­go­no descrit­ti (model­li), come ven­go­no rap­pre­sen­ta­ti (dati), come ven­go­no risol­ti (algo­rit­mi). Ad esem­pio, scom­por­re un pro­ble­ma in sot­to­pro­ble­mi, fino a quan­do que­sti si pos­so­no risol­ve­re in manie­ra ele­men­ta­re, e poi ricom­por­re via via le solu­zio­ni inter­me­die fino a rag­giun­ge­re la solu­zio­ne com­ple­ta, è un tipi­co prin­ci­pio infor­ma­ti­co, det­to divi­de-et-impe­ra. Nel cam­po del pro­blem sol­ving, i meto­di riso­lu­ti­vi pro­pri dell’informatica han­no ori­gi­ne dal­la mate­ma­ti­ca, ma la esten­do­no con moda­li­tà nuo­ve, pos­si­bi­li solo gra­zie alla pre­sen­za di un ese­cu­to­re auto­ma­ti­co. Acquisire e pra­ti­ca­re i meto­di pro­pri dell’informatica si riflet­te quin­di sull’approccio men­ta­le usa­to per risol­ve­re i pro­ble­mi di tut­ti i giorni.

Recentemente, il ven­to ha ini­zia­to a cam­bia­re: un arti­co­lo di Jeannette Wing appar­so nel 2006 ha por­ta­to alla ribal­ta il con­cet­to di pen­sie­ro com­pu­ta­zio­na­le, inte­so come il pro­ces­so men­ta­le coin­vol­to nel­la for­mu­la­zio­ne di un pro­ble­ma e nell’espressione del­le sue solu­zio­ni, in modo che un ese­cu­to­re – uma­no o arti­fi­cia­le – pos­sa risol­ve­re il pro­ble­ma in manie­ra effet­ti­va [Wing’06, Wing’14]. Il ter­mi­ne pen­sie­ro com­pu­ta­zio­na­le  non è nuo­vo — è appar­so per la pri­ma vol­ta nel­le ope­re di Seymour Papert — ma non si può nega­re che l’ar­ti­co­lo del­la Wing e la sua suc­ces­si­va ope­ra di divul­ga­zio­ne abbia rap­pre­sen­ta­to un pun­to di svolta.

Il con­cet­to di com­pu­ta­tio­nal thin­king è diven­ta­to main­stream, al pun­to che il New York Times ha tito­la­to nel 2014 “Reading, Writing, Arithmetic, and late­ly, Coding” e sono nate impor­tan­ti ini­zia­ti­ve come code.org, sup­por­ta­te da testi­mo­nial eccel­len­ti come Bill Gates, Mark Zuckenberg e addi­rit­tu­ra il pre­si­den­te Obama. Al di là del­l’im­pat­to media­ti­co, gli obiet­ti­vi di code.org sono ambi­zio­si, e pun­ta­no alla rifor­ma dei pro­gram­mi sco­la­sti­ci per inclu­de­re con­cet­ti di com­pu­ta­tio­nal thin­king e di pro­gram­ma­zio­ne. Riforma che è già avve­nu­ta in UK, con l’in­tro­du­zio­ne del Computing Programmes of Study nel National Curriculum.

Dal pun­to di vista di chi si occu­pa di infor­ma­ti­ca all’Università, la divul­ga­zio­ne di que­sto con­cet­to può ave­re rica­du­te enor­mi. E’ final­men­te arri­va­ta la pos­si­bi­li­tà di ele­va­re, nel­le scuo­le pri­ma­rie e secon­da­rie, l’in­se­gna­men­to del­l’in­for­ma­ti­ca allo stes­so livel­lo del­le altre mate­rie scien­ti­fi­che; non solo, diven­ta sem­pre più chia­ro che il pen­sie­ro com­pu­ta­zio­na­le è ele­men­to abi­li­tan­te del­le scien­ze moderne.

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